venerdì 17 gennaio 2014

Un elenco dei migliori ascolti e propositi sonori anno domini [#2013].





Di seguito, accanto ai link, un video, un link ascolto assaggio per ogni disco, però.

1) In Zaire - White Sun Black Sun  http://inzaire1.bandcamp.com/track/moon
2) These New Puritans - Field Of Reeds   http://www.youtube.com/watch?v=9uxGf3FPFxI
3) Julie's Haircut - Ashram Equinox  http://www.youtube.com/watch?v=eMB2WY6T3Ro
4) Fuck Buttons - Slow Focus  http://www.youtube.com/watch?v=pT6f8gVS5jw
5) Forest Swords - Engravings  http://www.youtube.com/watch?v=C0EGJYmvCFo
6) Arp - More   https://soundcloud.com/arp-music/high-heeled-clouds-1
7) Fire! - Without Noticing  http://www.youtube.com/watch?v=dO5Uce5Zu0I
8) Destruction Unit - Deep Trip  http://www.youtube.com/watch?v=MI6Xdqs9IUU
9) Uncle Acid & The Deadbeats - Mind Control  http://www.youtube.com/watch?v=vF3XOVFqOI8
10) OvO - Abisso  http://ovomusic.bandcamp.com/track/ab-uno
11) Julia Holter - Loud City Song  http://www.youtube.com/watch?v=7paoM2cghjI
12) Boards Of Canada - Tomorrow's Harvest  http://www.youtube.com/watch?v=q4v7mg0pK_Y
13) The Field - Cupid's Head  http://www.youtube.com/watch?v=cN2OCcTe8Bo
14) James Holden - The Inheritors  http://www.youtube.com/watch?v=enH58yBakfg
15) Colin Stetson - New History Warfare Vol. 3: To See More Light  http://www.youtube.com/watch?v=QlPg-g2vP8U  
16) Teho Teardo & Blixa Bargeld - Still Smiling  http://www.youtube.com/watch?v=NQb_Pzss7I0
17) Matana Roberts - Coin Coin Chapter Two: Mississippi Moonchile http://www.youtube.com/watch?v=VwcgTY2JjhA
18) Esmerine - Dalmak  http://www.youtube.com/watch?v=V6ZUFIVv-D8
19) Fire!Orchestra - Exit! http://www.youtube.com/watch?v=NqoBUuA8g1o
20) Chelsea Light Moving -  Chelsea Light Moving  http://www.youtube.com/watch?v=GgMLRvDOLpg


Fuori classifica ma degni di nota, anzi.

(Rigorosamente in nessun ordine di apprezzamento):

Thee Oh Sees - Floating Coffin  http://www.youtube.com/watch?v=NrfBKJLG3UQ
Carlton Melton - Always Even  http://www.youtube.com/watch?v=M5a-ETby944
White Hills - So You Are... So You'll Be  http://www.youtube.com/watch?v=hi9joYX4hNw
Earthless - From The Ages  http://www.youtube.com/watch?v=1RywXBEggds
Tim Hecker - Virgins  http://www.youtube.com/watch?v=4sp0tYZWI_Q
Makhno - Silo Thinking  https://soundcloud.com/makhno-paolo-cantu/makhno-fine-della-storia?in=makhno-paolo-cantu/sets/makhno-silo-thinking-1
Luminance Ratio - Reverie  http://luminanceratio.bandcamp.com/track/il-mare
Mazzy Star - Seasons Of Your Day  http://www.youtube.com/watch?v=ryhXfAdU8VI
The Warlocks - Skull Worship  http://www.youtube.com/watch?v=2uIdNiJyqpE
Four Tet - Beautiful Rewind  http://www.youtube.com/watch?v=CQJQ099QidQ
Mamuthones - More Alien Than Aliens  http://boringmachines.bandcamp.com/album/mamuthones-more-alien-than-aliens
The Flaming Lips - The Terror  http://www.youtube.com/watch?v=G7xGD--8XF4
Motorpsycho - Still Life With Eggplant http://youtu.be/WJe1SM5IJO8

domenica 24 novembre 2013

Julie's Haircut - Ashram Equinox (Woodworm/Santeria)



Abbandonate o per lo meno accantonate - con o senza ovvietà d'intenti - le influenze di Sonic Boom (Spacemen 3, Spectrum) e le chitarre, qui o là, alla Sonic Youth del precedente disco “Our Secret Ceremony” (A Silent Place – 2009), i Julie's  Haircut ci ripresentano un altro straordinario lavoro di gnosi sonora che ripercuote - diligentemente - la cifra preziosa dei precedenti lavori – da citare anche “After Dark, My Sweet”(Homesleep – 2006) - come a tessere e (in)seguire un percorso legato sì alla ricerca di paesaggi nuovi, ma anche dalla voglia di elevarsi e superare sempre di più il proprio orizzonte di crescita come gruppo, anzi collettivo. 


Questo Ashram Equinox - ricordiamolo, quasi privo della parte vocale, ad eccezione di alcuni cori - pulsa e medita allo stesso tempo. Difatti, gli ashram nella tradizione spirituale orientale - eremi dalle nostre parti - sono luoghi di meditazione e riflessione per maestri e saggi dello spirito. Ecco. Una ricerca nelle luci e ombre dello spirito e per lo spirito dove i mantra che ci conducono verso l'illuminazione e un oltre sono decantati dal libro del krautrock più elettronico - e meno motorik rispetto al lp scorso -  dove tra le pagine possiamo, difatti, citare Klaus SchulzeTangerine Dream, scuola di berlino su tutti; ma leggasi anche tra le righe progressive elettronico come iVangelis di “L'Apocalypse Des Animaux”. Tuttavia s'inserisce e stratifica ancora una volta il tutto una certa psichedelia spaziale dronica e, definiamolo così, anche un siffatto ambient carillon del quarto tipo. 


Ma non è tutta gnosi e meditazione a ben ascoltare. I pezzi si compenetrano  - a sottolineare il concept che sta dietro il disco - anche attraverso efficacissimi e a tratti intricati pattern di batteria pulsanti  - appunto - aventi a che fare con un tedesco chiamato Jaki Liebezeit, il poliedrico batterista dei Can. Sì, l'influenza degli anni dei capolavori (Tago Mago, Ege Bamyasi) della band di Colonia è parecchio presente, eh sì, ma non totale. Non a caso esiste un pezzo di quest'ultimi chiamato “Vernal Equinox” presente in “Landed”. Sarà un caso la quasi omonimia (?). Una influenza  resa anche non a tutti i costi retrò e scontata data la presenza di certe morbide folate post-rock e certa neo-psichedelia (Mercury Rev, Flaming Lips), tessiture etno-orientaleggianti trasognate e un uso – non dichiaratamente vintage - dei synth che difficilmente non potrà non lasciare traccia all'ascoltatore.


Comunque, un disco estatico, propiziatorio, a ben vedere, forse, il capolavoro della band di Sassuolo. Un progetto, il loro, dove la commistione di generi e suoni non ha avuto mai alcunché di altezzoso ma, anzi, sincero dove elegantemente si sono congiunti e si congiungono peculiarità specifiche d'immersione dal pop-rock, al funk, al garage-rock e a quest'ultima psichedelia cosidetta “occulta” - se vogliamo, ma anche non troppo - verso montagne jodorwskyane. Un consiglio per l'ascolto: Turn on, tune in, drop out; bè, ancor meglio senza “drop out”.



Julie's Haircut Official Site


Julie's Haircut Facebook


Leggi la recensione anche su Clap Bands Magazine





giovedì 24 ottobre 2013

Rev Rev Rev – Rev Rev Rev (The Orchard)


Si chiamava “Hypnagogic Visions” l’ultima uscita discografica dei Rev Rev Rev, uscita nel settembre del duemiladodici, e già un titolo così non può non esserci da piccola traccia per un percorso musicale di cotanto valore e spessore. Ipnagogico, sì, e soprattutto visioni ipnagogiche sono uno strano fenomeno legato al sonno e nello specifico ad alcune allucinazioni spaventose che attanagliano il dormiente. Esatto, ritroviamo in un sol concetto paura e sogno come nel suono dei suddetti dove stanno a presenziare shoegaze psichedelico d’impeto sognante e un certo noise sonico disturbato e deflagrante.


 Due elementi ben amalgamati nel loro ultimo album omonimo “Rev Rev Rev” (The Orchard) in cui la fa da culto quel fenomeno che tra fine anni ottanta e primi anni novanta sconvolse la terra d’Albione da Glasgow a Londra. I riferimenti all’album, e innanzitutto allo stile del gruppo, vengono su come funghi. Impossibile non rimanere piacevolmente affascinati da reminiscenze che ti riportano alla mente ascolti che fanno capolinea ai Telescopes di Taste, ai My Bloody Valentine, ai Loop meno in acido nello spazio, ai Ride e certi Pale Saints.


 Sarebbe superficiale, se nonché limitato, non mettere anche nero su bianco l’influenza puramente noise della gioventù sonica, quel certo gusto revival che sta alla voce neo-gaze di questi ultimi anni e ovviamente, su tutto, un’originalità personale d’importazione estera ma che non sfigura in lande italiane, ma anzi è emolliente per una scena fin troppo autoreferenziale. Un lungo esordio graditissimo.  



Ascolta l'album


Facebook Rev Rev Rev


Bandcamp Rev Rev Rev


Recensione su Clap Bands Magazine

martedì 23 luglio 2013

deMANAGERS – Progressive In My House (Edwood Records – Succo Acido Label)



Non inizierò questa recensione encomiando i soliti triti e ritriti leitmotiv della Seattle d’Italia o della Milano del sud. No, per favore, basta. Catania non è mai stata tutto questo o per lo meno, tirando fuori questo argomento, non se ne faccia una puntata da telenovela sudamericana perché quest’ultima sarebbe stata meno imbandita, con molto meno insistenza, di certi stereotipi ripetitivi. E va beh. Sono state soltanto, senza maldicenza, “leggere” dicerie messe in giro da qualcuno, per metter su una discussione tormentone per ragioni, diciamo così, turistiche, di hype visivo, di vendita o di attrattiva su certe realtà musicali pur sempre meritevoli. Ecco, non me ne frega ora e non me ne fregava neanche prima, di codeste definizioni. Finalmente l’ho scritto e che sollievo, ah. La figlia del Mongibello è stata un’altra cosa, una cosa a sé. Come tutte le cose, bene o male, vissute o che vivono in certi ambienti.


Da queste poche ma importanti premesse vorrei introdurvi a un disco, un nuovo disco, uscito a marzo del duemila tredici. Il disco in questione è “Progressive In My House” dei deMANAGERS (scritto proprio così, eh, non ci confondiamo). Questa chicca tutta sicula, etnea, si fa per dire, esce per l’eclettica Edwood Records e per la palermitana Succo Acido Label. Entrambe etichette di valore, impegnate nella promozione di band al di fuori di classiche vetrine e boriosi cliché sonori. Quest’ ultima, con la rivista Succo Acido è anche impegnata nel campo dell’informazione culturale e di circuiti artistici altri. Dategli un’occhiata, ne vale.


Bene. La band registra tutto in modalità do it yourself e fa di necessità virtù. Possiamo ammetterlo perché il disco ci porge all’udito un circuito nostalgico. Un cerchio che si chiude: dei ricordi. Una generazione? Comunque, quattro baldi giovani, orgogliosamente amici, si ritrovano in una casa a registrare e l’avventura del disco parte. Parte , e sì, ma da non molto lontano. Avete presente i Clinic alla loro prima avventura discografica? Il (Post) grunge e certo noise ruvido (Progressive In My House)? I Brainiac che suonarono in una calda notte d’estate anni novanta a Catania (William Blake Blues)? Ecco, basta. E’ tutto qui, forse, quasi.

Infatti, dicevo, quasi. Difatti, mi sa che uno o più di uno dei baldi giovani sopracitati ha o aveva una certa predilezione per la break beat old school, il dub o, forse, certa drum ‘n’ bass. Dai, sì, possiamo dirlo: Elettronica. Sì, anzi, ne sono quasi più che sicuro. Ed esattamente lo si evince, spero di non sbagliarmi, da pezzi come Boogie Bass e Sharing. Pezzi dove fa da padrone anche mister synth. Ma vorremmo dimenticarci, azzolina, di certo punk-blues anni ottanta con accenni garage (HeavyMetal III)? E ancora: del synth-pop sghembo e del post-punk magaziniano (A-ssolo)?


Certo, è anche apprezzabile ammettere ,ancora, che tra le righe soniche del disco si riesce anche a captare il lo-fi seminale dei Pavement e non così proprio al volo, infine, l’influenza sotto le pieghe della voce di certi Mark Linkous (Sparklehorse) e J Mascis (Dinosaur Jr) e permettetemi l’azzardo, gli Yuppie Flu da versante pop. Sentire la conviviale e divertita Pretty Rose, prego.


Voi direte: tutto qui? Si, proud Rock against the modern times.









lunedì 27 maggio 2013

In Zaire – White Sun Black Sun (Tannen Records – Offset – Sound Of Cobra Records)


Ribolle di un'entusiasta volontà di potenza questa nuova uscita firmata In Zaire, gruppo eclettico e votato allo sperimentalismo formato da Alessandro De Zan (voce, basso, percussioni), già Orfanado; Riccardo Biondetti, G.I. Joe insieme al De Zan e big master presso la Sound Of Cobra Records; Claudio Rocchetti (elettronica), dj, rumorista, 3/4 Hadbeebeliminated e Stefano Pilia (chitarra), già Massimo Volume, Il Sogno Del Marinaio con Mike Watt, 3/4 Hadbeeneliminated che dopo varie uscite in forma di live, split, ep e allargamenti di line-up ci concede l'onore di venire a contatto con il loro primo lp d'esordio iniziatico, White Sun Black Sun, un disco amuleto ritrovato in un'Africa tribale, siderale e meditativa.


Un album di ricercata psichedelia battente e dura, con copertina eccezionale di Fred Par Kraat, dove il kraut dei Neu!, degli Agitation Free e dei Can si pone in un intrecciato contatto/contrasto con i riff cavalcanti e sporchi di Detroit, come se certi Stooges alternassero sesso tantrico e violento con gli Ash Ra Temple e con alcuni Hawkwind in volo space hardelico durante uno dei loro live più ispirati.


L'atavico maelstrom sonoro dei nostri musicanti non si può certo compendiare in due righe e, difatti, freme anche di paesaggi dub lisergici, di garage e funk acidi e di una destabilizzante rumoristica spaziale come se ognuno dei corpi celesti, menzionati nei titoli dei pezzi, volesse dialogare tra loro, tra tensioni rumoristiche e commiati elettrici, in una spaziale girandola narcotica al ghiaccio bollente.


Preziosa gemma tutta italiota, incastonata in una propria direzione deviante, che continua e continuerà a far risplendere se stessa e il già avviatissimo movimento (?) psichedelico occulto italiano. Un condotto sonoro per la (ri)scoperta di altri suoni e itinerari, con precise informazioni per viaggi divinatori verso lo spazio profondo e dentro vari e, soprattuto diversi, microcosmi psicotici. Datecene ancora. sun, sun, Sun!







giovedì 25 aprile 2013

The Great Saunites - The Ivy




Avevamo lasciato Atros (Bassi), componente anche degli X-Mary, e Lenny L. Kandur Layola (Tamburi), altresì Lucifer Big Band, con un ep registrato tra quattro mura di casa a Lodi, intitolato “TGS/Lucifer Big Band” (2012) e un interessante precedente “Delay Jesus ‘68” ep (2011): un titolo come dichiarazione d’intenti Can-iana, un tributo alla psichedelia in accezione più avant, un panzer immerso nelle nuvole, guardandole (Delay Jesus '68).


Comunque, come non detto, tornano i The Great Saunites con The Ivy, e alla grande. Eccoli di nuovo qui, con massicce e introspettive visioni, tra ben amalgamati locomotori senza sosta di heavy psichedelia kraut rock e un afflato sognante; immersi in una nebbia di tastiere e organi, nei bassi filtrati al wah wah, in chitarre volanti e stratificate (la suite The Ivy), in pezzi pseudo folk un po' bucolici e un po' chimerici (Ocean Raves). Ci accingiamo a navigare in una trance estatica, a tratti monolitica, quasi cosmica. Gli Om più pestoni incontrano i Motorpsycho dalla fisionomia lisergica (Cassandra), i Pink Floyd direttamente da Shine You Crazy Diamond si coagulano con un certo stoner acido statunitense (Bottles&Ornaments).


L'album, prodotto collettivamente da un insieme di etichette fra le più audaci del territorio italico, registrato, mixato da Luca Ciffo (Fuzz Orchestra) e masterizzato da Riccardo Gamondi (Uochi Toki, La Morte), ci tramanda un' essenza sonora profonda, mistica ma che fa partire le proprie istanze (leggasi basso e batteria) da un pianeta tribale, magmatico, ma che dona il proprio estro in note a madonne pagane nell'iperuranio (Medjugorje). Una goduria per i nostri padiglioni auricolari. Un altro piacevolissimo pezzo da incorniciare nel già ampio e prospero movimento psichedelico italiano di questi ultimi anni. E grazie, si, grazie a queste opere (si potrebbero ri-citare i lavori de La Piramide di Sangue, In Zaire, Squadra Omega) che il sottobosco musicale ribolle di una forza mesmerica e ammaliante che fa ben sperare, per l'ennesima volta, l'orizzonte sonoro italiano. Voilà.







giovedì 4 aprile 2013

Edible Woman - Nation (Santeria)



Un graditissimo ritorno, orgogliosamente italiano, questo degli Edible Woman, trio nato nel 1999 e attualmente formato da Andrea Giommi (Basso, Voce), Federico Antonioni (Chitarra, synths, tastiere) e Nicola Romani (Batteria).

Dopo le divaganti e allo stesso tempo dirompenti atmosfere noise e psych-kraut di “Everywhere At Once” (2010) – Sleeping Star/Self, si riaffacciano con “Nation” (Santeria),in distribuzione italiana con Audioglobe e per il territorio europeo con la stimatissima Rough Trade, importante biglietto da visita che potrà servire da traino per un’auspicabile affermazione nel mercato britannico ed estero. Con questo full-lenght, prezioso e poliedrico, suggellano per la quarta volta una già interessante carriera tra proseliti noise/hardcore di Chicago, post punk, respiri psichedelici e arguti sentori krauti.



L’album in questione è stato registrato in presa diretta da Mattia Coletti ai Vacuum Studio di Bologna e masterizzato da Riccardo Gamondi (Uochi Toki, La Morte). Da notare che la presenza del Coletti non è nuova in fase di registrazione per il trio di Fano, difatti, anche nel precedente album il trio-gruppo-band si è avvalso della sua presenza; qui, oltre una semplice collaborazione da studio, vi è aria da sodalizio tecnico.


Questo nuovo lavoro non prende eccessivamente le distanze dai precedenti tasselli discografici, niente di male. E’ presente, però, una nuova apparente sensibilità compositiva e novelli propositi rispetto al passato. Una personale magia ermetica che erompe, infatti, dai suoni dei singoli componenti , (suoni spigolosi, profondi, vellutati) con una capacità di compenetrarsi tra di loro non affatto indifferente. Un reparto di suono, che come puzzle ordinato, batte echi di post-punk, dove i Clinic più psichedelici del primo periodo incontrano Ian Curtis dentro la divisione della gioia in cui, per l’appunto, i Sonic Youth hanno appena ultimato un concerto. E scusate se è poco. E’ anche presente, oltretutto, una sottile e ferrea voglia di far spiccare un messaggio sociale, forse politico, ma è comunque un messaggio, importante; e cioè, semplicemente: viviamo in un sistema malato? In una nazione malata? Il nostro io umano è malato? Tutto o forse nulla, ma comunque qualcosa di marcio c’è, una deformazione sociale, un carcinoma eletto, uno specchio sociale dove, forse, si riflettono zombie e mostri.


In ogni caso, una nuova e aggiornata prospettiva per la band. Prospettiva in cui “alzare il tiro” avrebbe giovato di più ad alcuni passaggi dei pezzi e per quel puzzle , di cui sopra, che forse , si sente un tantino tirato a lucido per le feste. Ma sono feste sagaci, orgogliose, negli addobbi e nei contenuti, dove una band, gli Edible Woman, dirige danze ed emozioni .


http://www.ediblewoman.it/

Facebook Edible Woman

Edible Woman Bandcamp

Edible Woman Soundcloud

Edible Woman Tumblr