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domenica 29 aprile 2012

Giardini di Mirò – Good Luck (2012) – Santeria





"Future is coming slow

as a thin trasparent easy row

We walk as fuckers

trading words for our lies”



Anni fa uscì “Il fuoco” (2009), penultimo lavoro dei Giardini di Mirò, band di Cavriago, Reggio Emilia. L'album era la sonorizzazione dell'omonimo film di Giovanni Pastrone del 1915. Il lavoro era decisamente più arduo e sperimentale rispetto all'album precedente “Dividing Opinions” (2007), più focalizzato sulla forma canzone e sul cantato, pur sempre non rinnegando ricercatezze sui suoni, manteneva più o meno salde radici post-rock e shoegaze, confermando, difatti, pur sempre la vena strumentale del gruppo. Comunque, dopo la loro prova estemporanea e cinematica è il momento fatidico di “Good Luck” (2012), uscito per Santeria il trentuno marzo, esso è infatti l'ultimo lp ufficiale della band emiliana. Il titolo è, infatti, già un augurio per noi tutti e per il nostro futuro; e che vogliamo fare, siamo in Italia, c'è la depressione economica post-contemporanea, ci sono le banche, ci sono i debiti, ci sono le menzogne e sopratutto ci sono le persone che hanno bisogno di fortuna e, anche consapevolezza per non cadere da questo filo penzolante che è l'oggi, qui e ora.


Ma parliamo dell'album. Esso si presenta come un affresco più o meno variopinto dei suoni che hanno fatto la fortuna e il marchio della band:tipiche chitarre post-rock, ambientazioni shoegaze e space rock. Però non è tutto qui, sarebbe facile o direi, quasi un fiasco se avessero mollato i loro ormeggi sulle stesse coste sonore e su idee mescolate e rimescolate negli anni. La grande novità, se così vogliamo chiamarla, sta innanzitutto sul cambio di guardia alla batteria tra Francesco Donadello (produttore dell'album), non più di stanza emiliana ma bensì berlinese, con al suo posto Andrea Mancin che si distingue per il suo drumming deciso e incalzante. Andando avanti possiamo per certo affermare che i Giardini di Mirò siano arrivati a un definitivo consolidamento verso la forma del cantato, difatti, tutte le canzoni dell'album (tranne una) contengono la voce di Corrado Nuccini e Jukka Reverberi, con il featuring per “There is the place” di Sara Lov dei Devics e Angela Baraldi per “Rome”.


Le canzoni, otto nel totale, appaiono a un primo ascolto accurato, un tentativo, più o meno riuscito, di rinnovarsi, anche cercando di catturare un sentimento o una visone che sia più o meno fedele all’attuale società, con il suo vacuo e precario sentire; le liriche dei testi, difatti, fanno centro verso questo sguardo, tra malinconia, speranza, sentimenti e incedere della vita, ci concedono amare e romantiche riflessioni autunnali verso una primavera di riscatto che ancora attendiamo famelici.


I pezzi si contraddistinguono tra ballad intimistiche e crepuscolari come Memories, dinamiche pulsioni kraut-wave come le bellissime Time On Time e Ride e composizioni dove possiamo rintracciare i suoni che hanno, più o meno, contraddistinto la band tra cui Rome, Good Luck (l’unica strumentale), Spurious Love (con le chitarre di Stefano Pilia, Massimo Volume) Flat Heart Society e il meraviglioso affresco romantico post-rock di There is The Place.


Da uno scambio di battute a un loro concerto tra il presentatore e loro stessi, cito:”Dopo “Il fuoco” dei mercati e le opinioni che ci dividono sul futuro abbiamo bisogno davvero di questa inevitabile fortuna[...] Fa sempre piacere dopo una giornata vissuta nel mondo esterno, andare a letto e sentirsi dire o dirsi da soli “Buona Fortuna.””. Ecco, sta qui, tutto il contenuto poetico e il significato che quest'album vuole donarci. Poetico come un bacio tra innamorati al parco di Mirò a Barcellona.


http://www.giardinidimiro.com/

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giovedì 18 febbraio 2010

Giardini di Mirò - Il fuoco (2009) - Unhip Records



Finalmente ho acquistato l'ultima fatica discografica dei Giardini di Mirò. Il Fuoco.[Anche se lo avevo già scaricato]. Dopo mesi di tentennamenti e "sacrifici economici" ce l'ho fatta. L'album è uscito a luglio del 2009 per la Unhip Records. Mi ero un pò allontanato da questa sublime band. Ma con l'uscita del nuovo lavoro nato dalla sonorizzazione del film di Giovanni Pastrone - Il Fuoco(adattamento dal l'omonimo romanzo di D'Annunzio) - film muto datato 1915, ho ritrovato nuovamente delle emozioni che mi hanno riportato a sei,sette anni fa quando sentii per la prima volta "Rise and fall of academic drifting". Il disco si presenta come uno scrigno di emozioni che ci catapulta in un contesto retrò (legato sopratutto al film) ma che mantiene ben saldi i legami con il panorama musicale contemporaneo, grazie alle sonorità sempre vive e odierne dei giardini. Nella prima parte (la favilla) troviamo classiche ambientazioni chitarristiche che hanno sempre contraddistinto il gruppo. La favilla 2 composizione a dir poco soave (che ascoltata come si deve), porta l'ascoltatore a pensieri pieni d'immagini ed un trasporto emotivo come da tempo non si provava. Ma è con la seconda parte che assistiamo a qualcosa di inusuale per la band. L'inizio della vampa è un sogno-allucinazione ad occhi aperti. La traccia iniziale si sussegue tra delicate escrescenze elettroniche e micro inserzioni strumentali pseudo-improvvisative. Tutto cambia quando sentiamo da lontano l'avvicendarsi di un tempo 4/4 - sotto una voce monocromatica - che pian piano riporterà in auge le chitarre di mirò. Qui vi è il fulcro fiammeggiante dell'album, con queste pulsazioni quasi kraut-motorik accompagnate leggiadramente dalle chitarre e dal susseguirsi finale di questa bordata di rumore in piena compagnia del violino. La vampa si affievolisce trasformandosi in cenere, i suoni si decompongono in perfetta scuola noise-shoegaze,e i violini ammordiscono questa materia fiammeggiante. La vampa è compiuta e la cenere trova spazio in un desolante riposo per pianoforte minimale,scandito dal timpano,dalle melodie della chitarra e tromba e dalle incursioni di glockenspiel e voce. La fine (la cenere 2) è un leggerissimo risorgere, riappare spazzolante la batteria, gli altri strumenti anche loro a coda riemergono pacificamente,ma è un inganno. Il commiato in un cinquettio sinistro di suoni schizofrenici ci presenta la fine di tutto. Un album molto intimista che non si discosta però molto da ciò che il gruppo ha fatto in questi anni, parlo di alcune sonorità. Quel quid in più lo possiamo trovare come già menzionato prima,in un uso più massiccio dell'elettronica,del noise e chiamiamola per dire così "libera improvvisazione". Non è un capolavoro assoluto ma il nostro bisogno di emozioni ci ringrazierà.



  1. x (La Favilla 1)

  2. xx (La Favilla 2)

  3. xxx (La Favilla 3)

  4. xxxx (La Favilla 4)

  5. xxxxx (La Favilla 5)

  6. xxxxxx (La Favilla 6)

  7. xxxxxxx (La Favilla 7)

  8. ∞ (La Vampa 1)

  9. ∞∞ (La Vampa 2)

  10. ∞∞∞ (La Vampa 3)

  11. † (La Cenere 1)

  12. †† (La Cenere 2)





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