Si chiamava “Hypnagogic Visions”
l’ultima uscita discografica dei Rev Rev Rev, uscita nel settembre
del duemiladodici, e già un titolo così non può non esserci da
piccola traccia per un percorso musicale di cotanto valore e
spessore. Ipnagogico, sì, e soprattutto visioni ipnagogiche sono uno
strano fenomeno legato al sonno e nello specifico ad alcune
allucinazioni spaventose che attanagliano il dormiente. Esatto,
ritroviamo in un sol concetto paura e sogno come nel suono dei
suddetti dove stanno a presenziare shoegaze psichedelico d’impeto
sognante e un certo noise sonico disturbato e deflagrante.
Due
elementi ben amalgamati nel loro ultimo album omonimo “Rev Rev Rev”
(The Orchard) in cui la fa da culto quel fenomeno che tra fine anni
ottanta e primi anni novanta sconvolse la terra d’Albione da
Glasgow a Londra. I riferimenti all’album, e innanzitutto allo
stile del gruppo, vengono su come funghi. Impossibile non rimanere
piacevolmente affascinati da reminiscenze che ti riportano alla
mente ascolti che fanno capolinea ai Telescopes di Taste, ai My
Bloody Valentine, ai Loop meno in acido nello spazio, ai Ride e
certi Pale Saints.
Sarebbe superficiale, se nonché limitato, non
mettere anche nero su bianco l’influenza puramente noise della
gioventù sonica, quel certo gusto revival che sta alla voce
neo-gaze di questi ultimi anni e ovviamente, su tutto, un’originalità
personale d’importazione estera ma che non sfigura in lande
italiane, ma anzi è emolliente per una scena fin troppo
autoreferenziale. Un lungo esordio graditissimo.