giovedì 25 aprile 2013

The Great Saunites - The Ivy




Avevamo lasciato Atros (Bassi), componente anche degli X-Mary, e Lenny L. Kandur Layola (Tamburi), altresì Lucifer Big Band, con un ep registrato tra quattro mura di casa a Lodi, intitolato “TGS/Lucifer Big Band” (2012) e un interessante precedente “Delay Jesus ‘68” ep (2011): un titolo come dichiarazione d’intenti Can-iana, un tributo alla psichedelia in accezione più avant, un panzer immerso nelle nuvole, guardandole (Delay Jesus '68).


Comunque, come non detto, tornano i The Great Saunites con The Ivy, e alla grande. Eccoli di nuovo qui, con massicce e introspettive visioni, tra ben amalgamati locomotori senza sosta di heavy psichedelia kraut rock e un afflato sognante; immersi in una nebbia di tastiere e organi, nei bassi filtrati al wah wah, in chitarre volanti e stratificate (la suite The Ivy), in pezzi pseudo folk un po' bucolici e un po' chimerici (Ocean Raves). Ci accingiamo a navigare in una trance estatica, a tratti monolitica, quasi cosmica. Gli Om più pestoni incontrano i Motorpsycho dalla fisionomia lisergica (Cassandra), i Pink Floyd direttamente da Shine You Crazy Diamond si coagulano con un certo stoner acido statunitense (Bottles&Ornaments).


L'album, prodotto collettivamente da un insieme di etichette fra le più audaci del territorio italico, registrato, mixato da Luca Ciffo (Fuzz Orchestra) e masterizzato da Riccardo Gamondi (Uochi Toki, La Morte), ci tramanda un' essenza sonora profonda, mistica ma che fa partire le proprie istanze (leggasi basso e batteria) da un pianeta tribale, magmatico, ma che dona il proprio estro in note a madonne pagane nell'iperuranio (Medjugorje). Una goduria per i nostri padiglioni auricolari. Un altro piacevolissimo pezzo da incorniciare nel già ampio e prospero movimento psichedelico italiano di questi ultimi anni. E grazie, si, grazie a queste opere (si potrebbero ri-citare i lavori de La Piramide di Sangue, In Zaire, Squadra Omega) che il sottobosco musicale ribolle di una forza mesmerica e ammaliante che fa ben sperare, per l'ennesima volta, l'orizzonte sonoro italiano. Voilà.







giovedì 4 aprile 2013

Edible Woman - Nation (Santeria)



Un graditissimo ritorno, orgogliosamente italiano, questo degli Edible Woman, trio nato nel 1999 e attualmente formato da Andrea Giommi (Basso, Voce), Federico Antonioni (Chitarra, synths, tastiere) e Nicola Romani (Batteria).

Dopo le divaganti e allo stesso tempo dirompenti atmosfere noise e psych-kraut di “Everywhere At Once” (2010) – Sleeping Star/Self, si riaffacciano con “Nation” (Santeria),in distribuzione italiana con Audioglobe e per il territorio europeo con la stimatissima Rough Trade, importante biglietto da visita che potrà servire da traino per un’auspicabile affermazione nel mercato britannico ed estero. Con questo full-lenght, prezioso e poliedrico, suggellano per la quarta volta una già interessante carriera tra proseliti noise/hardcore di Chicago, post punk, respiri psichedelici e arguti sentori krauti.



L’album in questione è stato registrato in presa diretta da Mattia Coletti ai Vacuum Studio di Bologna e masterizzato da Riccardo Gamondi (Uochi Toki, La Morte). Da notare che la presenza del Coletti non è nuova in fase di registrazione per il trio di Fano, difatti, anche nel precedente album il trio-gruppo-band si è avvalso della sua presenza; qui, oltre una semplice collaborazione da studio, vi è aria da sodalizio tecnico.


Questo nuovo lavoro non prende eccessivamente le distanze dai precedenti tasselli discografici, niente di male. E’ presente, però, una nuova apparente sensibilità compositiva e novelli propositi rispetto al passato. Una personale magia ermetica che erompe, infatti, dai suoni dei singoli componenti , (suoni spigolosi, profondi, vellutati) con una capacità di compenetrarsi tra di loro non affatto indifferente. Un reparto di suono, che come puzzle ordinato, batte echi di post-punk, dove i Clinic più psichedelici del primo periodo incontrano Ian Curtis dentro la divisione della gioia in cui, per l’appunto, i Sonic Youth hanno appena ultimato un concerto. E scusate se è poco. E’ anche presente, oltretutto, una sottile e ferrea voglia di far spiccare un messaggio sociale, forse politico, ma è comunque un messaggio, importante; e cioè, semplicemente: viviamo in un sistema malato? In una nazione malata? Il nostro io umano è malato? Tutto o forse nulla, ma comunque qualcosa di marcio c’è, una deformazione sociale, un carcinoma eletto, uno specchio sociale dove, forse, si riflettono zombie e mostri.


In ogni caso, una nuova e aggiornata prospettiva per la band. Prospettiva in cui “alzare il tiro” avrebbe giovato di più ad alcuni passaggi dei pezzi e per quel puzzle , di cui sopra, che forse , si sente un tantino tirato a lucido per le feste. Ma sono feste sagaci, orgogliose, negli addobbi e nei contenuti, dove una band, gli Edible Woman, dirige danze ed emozioni .


http://www.ediblewoman.it/

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