Non si ferma l'italiota saga della psichedelia esoterica occulta,
portata avanti da un gruppo sotterraneo (ma fino a un certo punto) di
artirti italiani (Father Murphy, Mamuthones, Heroin in Tahiti,
Cannibal Movie, Squadra Omega, Spettro Family, Orfanado) che con un
forte desiderio di elevare il sound italiano verso altri luoghi sta
mettendo su sabbath, oracoli e riti con una cifra sonora meritevole e
che in un certo qual senso mancavano dai tempi della sensibilità
“spaghetti prog”. A coadiuvare questo “movimento” ci stanno
etichette, operatori del settore e giornalisti tra cui udite udite
Simon Reynolds, il quale si dovrebbe ringraziare per i toni di stima
per la nuova “scena” presenti nel suo blog; e nonché per il
coraggioso lavoro di ricerca e promozione, l'etichetta Boring
Machines.
Difatti, sempre rimanendo nel contesto della suddetta etichetta, oggi
avremo a che fare con “Tebe”, il primo album dei Piramide Di
Sangue - gruppo progetto di Stefano Isaia aka Gianni Giublena
Rosacroce (già voce dei Movie Star Junkies) - in cui è attorniato
da altri sei musicisti già Love Boat e Vermillion Sands. Una piccola
premessa è data fare, l'album ha già un suo piccolo propedeutico
predecessore, ovvero la cassetta “La Piramide Di Sangue” (2010) a
nome dello stesso Gianni Giublena, uscita per la Avant! Records.
Ma veniamo all'album. Esso ha per dichiarazioni ufficiali della band
influenze che partono da Sun Ra, sviano per il kraut, gli Art
Ensemble Of Chicago e arrivano fino al noise e alla psichedelia. Ma
c'è di più, qui siamo letteralmente in territori pre-sahariani, in
stanze di muezzin imbandite di narghilè dove accendere sonici culti
mediterranei a qualche dio pagano della musica e capire se suddetti
dei ci reputano, appunto, degli sperimentatori o degli amanti della
retromania. I sinuosi movimenti di arabesco del clarinetto presenti
nell'album ci accarezzano l'ascolto, le chitarre e gli effetti noisy
che stanno a increspare e contornare il discorso combattono (si fa
per dire) con la sezione ritmica che si rivela come la parte
dell'ensemble più presente e in avanscoperta. L'album scorre tra una
composizione e l'altra come se le tracce o tutto album avessero
addosso un famelico segreto che vorrebbe rivelarsi solo per pochi
adepti o per coraggiosi iniziati.
Un sound esoterico o qualcosa di più accessibile quindi? L'arcano
mistero sta nel compenetrare insieme l'afflato rock, noise e le
sonorità “etno-mediterranee”, zigane (tzigane) o zingare e
compattarle in qualcosa di unico: Tebe, per l'appunto; predecessori
come East Of Eden in Inghilterra ed Embryo e Agitation Free nella di
Alemannia (area krauta, ma guarda un po') avevano già fatto scuola
negli anni settanta con gli stessi ingredienti, difatti.
Sicuramente, una piacevolissima uscita discografica, da avere a tutti
costi se volete. Ma poi non vi lamentate, se è il vuoto quello che
ci circonda, la curiosità orsù ci salverà.
Viva la psichedelia italiana, viva la psichedelia tutta. Salam
aleikum.