Quando anni fa una mia cara amica, che non vedo e sento da
tempo, mi fece ascoltare per la prima volta gli East Rodeo (credo fosse il
duemilasei o duemila sette), per il fatto che li conosceva di persona e me ne
raccontava alcuni retroscena, rimasi piacevolmente colpito dalla loro
personalità e commistione di suoni. Essi andavano dal burlesco, ai ritmi slavi,
al rock di matrice zappiana, crimsoniana e da influenze alte come Cage e Stockhausen. Oggi, per puro caso e perché ho in mano il
“nuovo” lp (per la verità già uscito per il mercato croato nel duemila
undici) della band, mi ritrovo a pensare
a quei giorni e a scrivere una recensione che va al di là, diciamo, di quelle
scritte fino a oggi; la nostalgia, sigh!
Il gruppo nasce nel duemiladue dalle forze creatrici dei
fratelli croati Sinkauz (Nenad e Alen), e insieme ad altri musicisti nel
duemila quattro portano al compimento Kolo,
loro prima uscita discografica. Poi nel duemila sette con un significativo
cambio di line-up (entrano Alfonso Santimone alle tastiere, all’elettronica e
al programming e Federico Scettri alla batteria), al tutt’oggi stabile, fanno
uscire Dear Violence . Per Morning Cluster il discorso riprende da lì, e cioè stiamo
parlando di un album ricco d’influenze e ricerca, dove da un lato possiamo
scorgere dalle fibre delle composizioni delle solide basi math-rock, noise,
post-rock e se vogliamo anche del jazz
(indubbia conseguenza degli studi di alcuni dei componenti) parliamo per
esempio di pezzi come “Trom”, “Mrs.
Cluster” o “Re: Trom”. Dall’altra parte, invece, ci sta la personalità più sperimentale del
quartetto, ovvero le tessiture elettroniche e programmatiche (“939 Hz”, “Ballad
Of LC”, “Brod”) che con le loro fitte ragnatele di suoni delineano un ascolto
più avvincente ma sicuramente non facile, ma man mano che gli ascolti si fanno più
numerosi rendono l’insieme più vicino e chiaro
alle nostre meningi.
Un altro aspetto
decisamente da non sottovalutare sono le composizioni dove vi è una leggera ma
decisa estrinsecazione della voce. Per l’appunto la band in questo album si è
avvalsa di significative e importanti collaborazioni dal panorama indipendente
internazionale e italiano. Difatti, sono
proprio i pezzi dove i nostri musicisti si avvalgono di “featuring” in cui la
voce esce la testa dal turbinio squadrato degli strumenti . Per intenderci,
stiamo parlando di nomi come Marc Ribot(Tom Waits, John
Zorn, Lou Reed, ecc.) in “Crin
Gad”, “Straws In Glass” e “American Dream” , Warren Ellis (Nick Cave and the Bad Seeds,
Dirty Three) in “Step Away
From The Car” e lastbutnottheleast Giulio Ragno Favero (Teatro Degli Orrori, One
Dimensional Man) alla produzione e coltelli in “Straws In Glass”.